venerdì 19 febbraio 2010

Le tradizioni culturali italiane: il gatto in umido (polemica RAI)

Dopo qualche anno in cui il cibo italiano è l'argomento che più convince molti giovani razzisti e neorazzisti più vecchi. Dire "noi italiani siamo meglio di loro" non è ancora molto accettato, ma la frase "in nessun posto si mangia bene come in Italia" pare condivisa dalla grande maggioranza degli italiani.

Di solito come riferimento c'e' Londra, la città dove quasi tutti passano un periodo per la lingua, o comunque la città all'estero dove tutti vorrebbero andare. E Londra è un posto dove il cibo in media costa molto e dove soppratutto la gente non si impegna molto nel cucinare.

Quindi non c'e' problema: la tradizione italiana e tradizione culinaria italiana di solito si confondono nella testa di molti.

Ecco dal mio punto di vista il colpo mortale dato da Beppe Bigazzi con la sua uscita riguardo ai poveri felini. Che in periodi di guerra si mangi qualsiasi cosa è risaputo, ma l'immaginario vuole che lo si mangi solo come alternativa alla morte, non qualcosa riguardo al quale si possano spendere parole come "delzia" o addirittura con "febbraio gattaio", che può essere inteso come una tradizione radicata e non come una triste via di sfuggire alla morte per fame.





Che dire? Di solito Beppe è quello che più difende le tradizioni scomparse della cucina italiana, non credo che neanche si renda conto di come questop tradizionalismo culinario sia usato in senso xenofobo. Di certo oggi spesso per parlare male degli stranieri gli si imputa anche la scomparsa dei gatti. Per questo spero che l'episodio non sia dimenticato in fretta.

Sicuramente dubito che oggi qualche individuo sano di mente possa pensare di mangiare un gatto. Alcuni amici ambientalisti mi hanno assicurato che vi sono leggi in materia e che questa uscita contiene vari reati e che che forse finirà in galera o comunque dovrà pagare un bel po' di danni.

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